Lo scudetto revocato del 1927: campionato falsato? Sì, ma da Arpinati
Di Andrea Piva
Scudetto revocato 1927
Parte V
Il presidente della Figc, Arpinati, era anche un noto tifoso rossoblù e sembra proprio che non volesse far vincere lo scudetto al Toro…
Il primo articolo relativo alla presunta compravendita del derby, pubblicato da Ferminelli su Lo Sport, propone nelle sue prime righe un passaggio interessante, passato forse inosservato perché poco rilevante con lo sviluppo della vicenda: “Tace ormai ogni eco della campagna inscenata da alcuni giornali contro le presunte manovre degli organi federali”. Quali sono le presunte manovre degli organi federali? Per capirlo è necessario ripercorrere la stagione 1926/1927. Le venti squadre che parteciparono alla Divisione Nazionale erano divise in due gironi da dieci, le prime tre classificate di ogni ragguppamento si scontrarono poi in un mini-girone da sei con partite di andata e ritorno. A contendersi il titolo di campione d’Italia furono Juventus, Inter, Genoa, Torino, Milan e Bologna. Va inoltre ricordato che il presidente della FIGC, Leandro Arpinati (gerarca fascista e podestà di Bologna), era tifosissimo della squadra rossoblù. Nonostante nel 1927 fossero già entrate in vigore le leggi fascistissime, che prevedevano tra le altre cose l’abrogazione della libertà di stampa, alcuni giornalisti, firmandosi attraverso pseudonimi, lamentavano di come il Bologna venisse costantemente favorito. “C’è insomma la sensazione, in convincimento, che il Bologna può fare il bello e il cattivo tempo e che le altre società debbano accontentarsi di battere le mani” scrisse Ettore Berra, con lo pseudonimo di Eber, su Il Paese Sportivo.
Il Torino nel girone finale si dimostrò superiore alle altre: dopo il derby dello scandalo alla settima giornata era in testa alla classifica con 12 punti (frutto di sei vittorie e una sola sconfitta) mentre il Bologna seguiva a 9. Tre punti di distacco a tre giornate dalla fine erano un buon vantaggio (considerando anche che lo scontro diretto all’andata era finito 1-0 per il Torino e al ritorno si sarebbe dovuto disputare all’ultima giornata, quando ogni discorso poteva essere già chiuso). A questo punto accadde l’incredibile: l’8 giugno, tre giorni dopo la vittoria sulla Juventus, Arpinati comunicò che la partita Torino-Bologna si sarebbe dovuta ripetere e tolse i due punti in classifica ai granata. A questo punto i giochi per lo scudetto si riaprirono perché il distacco tra granata e rossoblù si ridusse ad un solo punto con la doppia sfida ancora da giocare. Il motivo dell’annullamento della partita dopo quasi un mese dalla disputa? L’arbitro Pinasco, senza disporre di immagini, si era reso conto che il gol assegnato ai granata era irregolare. Ma cos’era successo quel 15 maggio al Filadelfia? Al 66′, sullo 0-0, il Bologna guadagnò un angolo, dopo un batti e ribatti in area, un giocatore felsineo concluse verso la porta ma il portiere granata Bosia riuscì a respingere la palla sulla linea, i giocatori del Bologna chiesero il gol ma Pinasco non ebbe dubbi e fece proseguire il gioco, il Torino partì in contropiede e segnò con Libonatti. Secondo quanto comunicato da Arpinati, l’arbitro Pinasco si rese conto successivamente che, distratto dalle proteste dei calciatori rossoblù, non aveva segnalato il fuorigioco del Torino nell’azione del gol (fuorigioco che peraltro non fu segnalato neanche dal guardalinee).
Nonostante le proteste di tutta l’Italia sportiva Arpinati non tornò sulla sua decisione e decise di far ripetere la partita inserendola in calendario prima dell’ultima giornata. Tutti all’epoca si chiesero come fosse possibile che l’arbitro Pinasco avesse cambiato idea sull’episodio del fuorigioco così tanto tempo dopo, un giornalista de La Stampa fece di più e andò a chiedere spiegazioni direttamente al direttore di gara. A questo punto la faccenda diventa ancora più oscura: Pinasco pubblicamente dichiarò di non aver mai presentato alla FIGC nessun documento su un suo ripensamento e ribadì di essere certo sia del fatto che Bosia respinse il pallone sulla linea, sia che il gol di Libonatti fosse regolare. Perché nel 1927 un arbitro avrebbe dovuto contraddire pubblicamente un gerarca fascista con il potere di Arpinati (era anche vicesegretario del PNF)? I colleghi arbitri della Liguria pensarono allora di manifestare la propria solidarietà a Pinasco organizzando un’assemblea ma furono fermati da un telegramma: “Onorevole Arpinati non ammette protesta da parte di arbitri per delibera di enti federali e invita a comunicare che considera dimissionari coloro che parteciperanno a riunione indetta per martedì sera. Sospendete arbitro Pinasco fino a nuovo ordine”. Il nuovo ordine non arrivò mai.
Stando a quanto dichiarato e mai ritrattato dall’arbitro Pinasco, la decisione di far ripetere Torino-Bologna arrivò direttamente dalla FIGC, i granata al Filadelfia vinsero comunque nuovamente per 1-0 le si laurearono campioni d’Italia. Due anni dopo Arpinati si rese protagonista di un altro episodio discutibile: la formula del campionato 1928/1929 prevedeva due gironi da sedici squadra e una finale, su partite di andata e ritorno più eventuale spareggio, tra le due prime di ogni girone. A contendersi il titolo di campione d’Italia furono, neanche a dirlo, Torino e Bologna. Entrambe le squadre vinsero la partita in casa, il 7 luglio si giocò quindi nello stadio neutro di Roma lo spareggio: la gara fu molto dura, vennero espulsi il granata Janni e il rossoblù Martelli, quest’ultimo però rientrò in campo, continuò a giocare come se nulla fosse per qualche minuto poi, quando l’arbitro se ne accorse, venne riallontanato. Alla fine vinse il Bologna 1-0 (gol di Muzzioli all’82’ con il Torino ridotto in nove per l’infortunio occorso a Vezzani), il Torino fece ricorso per l’incredibile episodio di Martelli ma, a differenza di due anni prima, questa volta per Arpinati non c’erano gli estremi per ripetere la partita. A questo punto è giusto ricordare che fu Arpinati a svolgere l’inchiesta che portò alla revoca dello scudetto e fu sempre lui a sostenere i vari interrogatori.
...
Lo scudetto revocato del 1927: le confessioni e la sentenza, senza un processo
Di Andrea Piva
Scudetto revocato 1927
Parte VI
Il 3 novembre 1927 arrivò la confessione del dirigente del Torino Nani, 24 ore dopo Arpinati emise la sentenza, senza un processo
È l’autunno del 1927 quando, dopo gli articoli pubblicati da Ferminelli su Lo Sport e Il Tifone, inizia l’inchiesta da parte del presidente della FIGC Leandro Arpinati sulla presunta combine di Torino-Juventus. Il primo ad essere interrogato è Francesco Gaudioso, l’intermediario della faccenda che aveva raccontato quanto accaduto a Ferminelli con lo scopo di mettere pressioni al presunto corruttore e ricevere le 10.000 lire mancanti e che, nel frattempo, aveva lasciato Torino per tornare nella sua Sicilia. Lo studente, che è bene ricordare come secondo testimonianze dell’epoca in quell’estate si fosse misteriosamente arricchito (saldò completamente il suo debito con la pensione nel quale alloggiava, la stessa di Allemandi e Ferminelli, comprò vestiti e oggetti di valore per un totale di migliaia di lire), inizialmente negò tutto, poi ammise di aver ricevuto dei soldi da un dirigente del Torino. Arpinati gli chiese il nome, la risposta fu Guido Nani.
Nani fu allora ascoltato dal presidente della FIGC. Anche il revisore dei conti della società granata inizialmente negò ogni responsabilità nella vicenda poi, il 3 novembre arrivò la svolta nell’indagine: Nani, Gaudioso e i calciatori della Juventus Pastore, Munerati e Allemandi furono convocati da Arpinati e interrogati. Il dirigente granata ammise di aver consegnato a Gaudioso le 25.000 lire in questione, forse aggiunge che anche gli altri dirigenti sapevano, poi ritrattò e ripetè all’infinito di aver fatto tutto da solo (versione ripetuta successivamente anche in tribunale). Arpinati a questo punto chiese a Gaudioso i nomi dei calciatori della Juventus a cui fu distribuito il denaro, lo studente siciliano in un primo momento indicò Pastore, Munerati e Allemandi, poi cambiò versione dando anche una spiegazione sul come abbia fatto ad arricchirsi: Gaudioso disse che la combine non ci fu, ma che si tenne il denaro. Se così fosse stato Gaudioso avrebbe rischiato di finire in carcere, Arpinati glielo fece notare e lo studente cambiò versione un’altra volta accusando il solo Allemandi, suo amico oltre che vicino di stanza. Nel frattempo furono interrogati anche i tre calciatori della Juventus: Allemandi raccontò del regalo ricevuto dal compagno Munerati (la cassa di vini donatagli dal presidente del Torino Enrico Marone Cinzano). Agli interrogatori nessuno poté valersi dell’ausilio di un avvocato. Senza sentire Marone Cinzano o qualche altro dirigente granata, senza alcun processo e senza ulteriori prove, ventiquattro ore dopo (il 4 novembre) Arpinati aveva già emesso la sua sentenza: “Il Direttorio federale delibera: 1) Al Torino FC viene tolto il titolo di campione assoluto d’Italia per l’anno sportivo 1926-1927; 2) Sono squalificati a vita, con divieto di ricoprire cariche federali e sociali, i membri del Consiglio Direttivo reggente il Torino FC nei mesi di maggio e giugno 1927”. La sentenza prosegue poi con la squalifica per due anni dei dirigenti granata entrati a far parte successivamente del Consiglio Direttivo, alla società vennero addebitate le spese d’inchiesta, una somma pari a 10.000 lire. Quel giorno tutti i dirigenti del Torino vennero squalificati perché corruttori, ma nessuno fu punito in quanto corrotto.
Poche ora dopo arrivarono, attraverso un comunicato ufficiale, i complimenti della Juventus ad Arpinati per l’inchiesta svolta. Il 6 novembre invece il presidente della FIGC annunciò alla stampa che sarebbe stato squalificato a vita anche Allemandi. Il terzino scoprì la notizia attraverso i giornali, la sentenza definitiva nei suoi confronti arrivò però solamente il 21 novembre: quel lasso di tempo, in cui Arpinati aveva già deciso la sentenza di colpevolezza, servirono al presidente della FIGC per trovare presunte prove di colpevolezza del calciatore. Secondo il regolamento dell’epoca lo scudetto, una volta revocato al Torino, sarebbe dovuto essere assegnato alla seconda classificata, il Bologna. Così invece non fu e, come si legge su La Gazzetta dello Sport del 7 novembre 1927, la motivazione la diede lo stesso Arpinati. “Il titolo passerà ora al Bologna? Assolutamente no. Il risultato dell’inchiesta è tale che ha riportato l’impressione precisa che talune partite di campionato abbiano falsato l’esito del campionato stesso. Il Bologna non avrà perciò il titolo tolto al Torino; il campionato 1926-27 non avrà il suo vincitore”. Oltre le dichiarazioni ufficiali, già all’epoca rimbalzava il sospetto che fu Mussolini in persone a ordinare che lo scudetto rimanesse inassegnato, per non alimentare ulteriori sospetti di favoritismo verso la squadra rossoblù di parte di un importante gerarca fascista come lo era Arpinati. Critiche che sarebbero state rivolte indirettamente allo stesso PNF.